domenica 9 marzo 2014

Just a dreamer

In sottofondo Ozzy Osburne, la sua voce graffiante, la sua musica dolce: Dreamer.

Se ne andò.

Restò sola nella sua stanza, a cercare conforto nelle parole, a sperare di riempire un foglio bianco e così di sfamare la sua fame di felicità.

E l'inverno dilagò, imperterrito, dentro il suo cuore.

Dapprima nevicò sulle colline, finché il peso bagnato di quel candore spezzò la staccionata.
Allora anche la regione del sud, quel piccolo triangolo di primavera, venne sepolta sotto i freddi fiocchi.
E con il ritorno del sole fu ancora peggio: tutto si sciolse, i fiori annegarono, l'erba marcì, e quella terra diventò arida.

Il sapore del nulla, dell'indifferenza.

Con quel retrogusto di paura.
Un brivido scese lungo la sua schiena... davanti agli occhi si ritrovò un paesaggio in bianco e nero, il sole dietro le colline, quasi assente, il calore assorbito dall'oscurità.
Mancavano i colori, mancava il sentimento.
Assaporava il tutto con la triste eccitazione del cambiamento che sperava non avrebbe mai dovuto affrontare.

La strada ora era nuova, era qualcosa che non aveva mai potuto vedere: era vuota, sgombra da ogni progetto futuro, svuotata del significato che fino a poco tempo prima l'aveva impregnata di quel sapore fruttato e dolce... il sapore della felicità.

Non era in salita. Non era nemmeno in discesa. Era un indescrivibile susseguirsi di curve, cambi di rotta, cartelli stradali lontani e carreggiate scoscese.
Era un luogo affascinante, in qualche modo, ma che portava con sé un'ombra sinistra, come di pericolo, e si mostrava in tutta la sua magnificenza: una strada infinita, che si srotolava sulla campagna sconfinata, snodandosi tra valli, colline, montagne aguzze.

Una lacrima rigò il suo volto, e una sensazione di strana pienezza l'avvolse:

ora doveva ricominciare... ora era il presente, e non più il futuro, a doverla guidare.